mercoledì 13 marzo 2013

Ammalarsi di disoccupazione a vent’anni



daWest – Welfare Society Territory

Ammalarsi di disoccupazione a vent’anni
In Europa sono 5,7 milioni. Schiere di ragazze e ragazzi in cerca di  (link)  lavoro che rischiano di pagare sulla propria pelle e con il proprio futuro le conseguenze di una situazione che non hanno contribuito a creare. E non soltanto in termini economici.
Numerosi studi hanno infatti sollevato l’attenzione sugli effetti di una prolungata esperienza di disoccupazione giovanile, sottolineando che questa costituirebbe una determinante decisiva per l’insorgere di numerosi problemi permanenti anche in età adulta. Secondo alcune indagini, ad esempio, il 48% dei giovani disoccupati britannici soffre di insonnia, depressione e crisi di panico a causa dello stress scaturito dalla propria condizione. Oltre a questo, è stato rilevato che lunghi periodi di inattività conducono alla lacerazione dei rapporti familiari ed all’esclusione sociale, innalzando il rischio di sviluppare dipendenze da alcool o altre sostanze. A ciò fa seguito in molti casi una perdita netta dell’autostima, che diminuisce le possibilità reali di trovare un’occupazione.
Una serie lunga ed insidiosa di ostacoli che peraltro non si conclude necessariamente con l’arrivo del tanto agognato lavoro. Uno studio diffuso dall’università di Harvard, denota infatti come l’esperienza della disoccupazione in età giovanile riduca l’aspettativa di vita ed innalzi, nel tempo, il rischio di malattie cardiache, gastrointestinali e diabete. E come se non bastasse, i giovani NEETs sono destinati a guadagnare nel corso della loro vita all’incirca 100mila dollari in meno dei coetanei che riescono a trovare un impiego subito dopo la conclusione degli studi.
Ed a pagare non sono solo i disoccupati: ogni giovane che non lavora costa allo Stato una media di 14 mila euro in termini di mancata tassazione e spese sociali.
Per far fronte al problema, il Regno Unito ha già adottato un pacchetto di politiche per favorire il rapido ingresso dei giovani nel mondo del lavoro attraverso la collaborazione diretta con le aziende. Nei prossimi mesi, decisivi per la ripresa delle economie europee, sarà dunque cruciale che anche gli altri governi dell’eurozona inseriscano nelle proprie agende strategie specifiche per restituire un futuro a quella che è già stata chiamata “la generazione dei senza lavoro”.