lunedì 11 marzo 2013

7 milioni in grave difficoltà




Sempre più italiani vivono in condizioni di gravi difficoltà economiche. Nel 2011 quasi 7 milioni di persone (6,7 milioni per la precisione), secondo il rapporto Bes redatto da Istat e Cnel. Si tratta di 2,5 milioni di persone in più in un anno (erano 4,2 milioni nel 2010). E la situazione economica non migliora nel nostro Paese: stando ai dati Istat quest'anno il pil perde già l'1%.

Se nel 2010 la percentuale di famiglie in condizioni di deprivazione era al 6,9%, accompagnata da una sostanziale stabilità dei tassi di rischio di povertà e di povertà assoluta, nel 2011 la percentuale è schizzata all'11,1%. La causa è da ricercare nella caduta verticale del potere d'acquisto delle famiglie, sceso di cinque punti percentuali dal 2007 al 2011. 

Una contrazione che, tuttavia, si è riflessa solo in parte sui consumi che in termini reali sono diminuiti solo dell'1,1%. Questo perché nei primi anni della crisi le famiglie hanno intaccato il patrimonio e risparmiato meno nel tentativo di mantenere il proprio standard di vita. 

Nello stesso quadriennio, la propensione al risparmio è passata dal 15,5% al 12% per arrivare all'11,5% nel secondo trimestre del 2012. Una condizione che ha contribuito a peggiorare il rapporto tra i cittadini e le istituzioni e la politica. Tanto che la fiducia nelle istituzioni nazionali e locali a marzo del 2012 ha registrato il picco più basso con un giudizio di 2,3, su una scala da 0 a 10, riservato ai partiti politici. 

Cresce anche il livello di disuguaglianza, quello misurato attraverso il rapporto tra il reddito posseduto dal 20% più ricco della popolazione e il 20% più povero che ha registrato valori crescenti, dal 5,2% del biennio 2008-2010 al 5,6% del 2011, il che significa che il 20% più ricco delle popolazione percepisce un ammontare di reddito più elevato del 5,6% rispetto al 20% più povero.

I valori italiani sono al di sopra della media europea e prossimi a quelli di Irlanda e Regno Unito, inferiori a quelli di Spagna, Grecia e Portogallo. Come nel resto dei Paesi industrializzati, anche in Italia la distribuzione è molto più concentrata di quella del reddito. Dal 2004 la concentrazione della ricchezza è tornata a crescere e la quota di ricchezza posseduta dal 10% più ricco della popolazione è salita al 45,9% nel 2010, contro il 44,3% del 2008.

"L'incertezza sta già rinviando la ripresa", ha avvertito il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, che vede "piccoli" segnali di ripresa solo dall'aumento della fiducia nel settore manifatturiero e dai dati sull'export che cresce anche perché gli imprenditori sono andati in mercati lontani, ma la domanda interna è depressa.
Dati allarmanti che contribuiscono insieme al downgrade di Fitch ad alimentare la tensione sul mercato azionario (il Ftse Mib di Piazza Affari cede lo 0,82% a 16.072 punti) e sul mercato obbligazionario con lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi equivalenti che ora si attesta a 314 punti, dopo essere salito inizialmente a quota 320. Il rendimento è al 4,64%. Si restringe sempre di più, nel frattempo, la forbice tra il differenziale e lo spread Bonos/Bund, con Italia e Spagna ormai quasi pari. Il premio di rischio pagato da Madrid è a 325 punti per un tasso del 4,75%.